«Quando si dà avvio a un cantiere sui muri in pietra a secco sono sempre possibili sorprese che fanno rivedere il programma che ci si è prefissi». È accaduto in questi giorni a Plazzaris, borgo quasi abbandonato nel Comune di Montenars, come riferiscono gli operatori dell’Ecomuseo delle acque, promotore dei Cantieri sui muri a secco. Effettuando lo scavo preliminare a ridosso del pendio sono venuti alla luce i resti del muro perimetrale della chiesa di San Michele Arcangelo, preesistente al terremoto del 1976, e lacerti del pavimento. Valutato il da farsi con il sindaco e con il Gruppo Alpini di Artegna-Montenars che gestisce l’attuale cappella, i partecipanti al corso hanno deciso di mettere allo scoperto e ripulire queste tracce – il muro è spesso circa sessanta centimetri – perché restino visibili al visitatore e perpetuino la memoria di una costruzione tanto cara agli abitanti di Montenars originari della borgata. Oggi Plazzaris conta solo due abitanti. Ne aveva trecento negli anni Trenta. Il cantiere sui muri a secco è stato trasferito nella vicina frazione di Capovilla.

Il muro e il pavimento rimessi in luce dai partecipanti al cantiere appartengono a un edificio dedicato formalmente ai Santi Vincenzo e Sebastiano, eretto nel 1804 nello stesso luogo di una precedente chiesetta del 1709 intitolata al solo San Sebastiano. Gli studiosi suppongono che entro il medesimo perimetro sorgessero in precedenza un sacello di fondazione longobarda dedicato a San Michele Arcangelo, una cappella del Trecento-Quattrocento dedicata sempre a San Michele e forse un ospizio per i pellegrini ai tempi delle Crociate, anch’esso intitolato a San Sebastiano.

A parte la stratificazione di edifici e l’avvicendarsi di titolazioni – gli abitanti di Plazzaris celebrano da sempre solo la festività di San Michele che ricorre il 29 settembre –, il luogo è particolarmente interessante perché nelle vicinanze si è parlato del rinvenimento di una tomba longobarda contenente uno scudo e varie suppellettili, notizia che però non ha mai trovato riscontro. Una campagna di scavo in loco da parte di esperti non sarebbe fuori luogo e potrebbe portare contributi interessanti per la storia del Medioevo friulano.